mercoledì 31 dicembre 2008

Verità







La campagna “morte dall’alto” è iniziata verso le 11 al mattino del 27 Dicembre, è continuata nella notte sino al mattino seguente. Mentre scrivo queste note, Domenica mattina, i bombardamenti continuano su Gaza.
Ieri è stato il giorno più sanguinoso in Palestina dalla guerra del 1967 e il massacro continuerà stando alle dichiarazioni del Governo israeliano che “questo è solo l’inizio”.
Ci0ò che sta succedendo è non è altro che un crimine di guerra ma la macchina di propaganda israeliana lavora a pieno ritmo rilasciando ogni cinque minuti falsità.

Bisogna , una volta per tutte , fare chiarezza sui miti che questa propaganda ha creato e diffonde.

1. Israele sostiene d’aver terminato l’occupazione di Gaza nel 2005.

Mentre Israele ha davvero rimosso gli insediamenti di coloni sulla parte costiera della striscia non ha comunque posto fine all’occupazione.L’esercito continua a controllare i confini , lo spazio aereo e marittimo, e ha compiuto diversi raids e eliminazioni di persone . Inoltre dal 2006 , gaza è sotto assedio. Per oltre due anni si vive al limite della sopravvivenza alimentare e senza le più elementari necessità per la viita : gas per la cottura del cibo, medicinali. Per molti siamo alla catastrofe umanitaria esacerbata dalle azioni militari israeliane.

2. Israele afferma che hamas ha violato la tregua unilateralmente.

Hamas in realtà ha rispettato il cessate il fuoco eccetto nelle occasioni in cui l’esercito israeliano ha condotto massicce offensive nella West bank. (Cisgiordania ). Negli ultimi due mesi la tregua è stata violata nell’occasione di uccisioni di diversi palestinesi nella striscia. In altri termini la tregua Hamas non ha effettuato violazioni se non in risposta a provocazioni . Israele dal canto suo non ha rispettato i suoi obblighi di togliere il blocco e permettere l’entrata dell’aiuto necessario nella striscia. I rapporti di agenzie internazionali e ong israeliane lo dimostrano. Durante il supposto “cessate il fuoco “ molti cittadini di Gaza sono stati costretti a vivere come animali. Circa 262 persone sono morte per mancanza di medicamenti adeguati.
E’ chiaro che isaele persegue un obiettivo politico “cambio in Gaza “ a qualsiasi costo.

3. Israele sostiene di perseguire la Pace con i “palestinesi pacifici “

Prima dell’inizio dell’attuale massacro e durante l’intero processo di Pace iniziato ad Annapolis, Israele ha continuato la colonizzazione della Cisgiordania. Nel 2008 vi sono state impiantate 38 nuove colonie, sono stati arrestati 4950 palestinesi, e i checkpoints sono passati da 521 a 699.
Inoltre dall’inizio dei colloqui sono stati uccisi 546 palestinesi tra i quali 76 bambini. Statistiche che sono drammaticamente al rialzo in questi giorni. Questa mattina, Domenica28, è stato ucciso un giovane nel corso di una manifestazione pacifica a Nihlin un villaggio della Cisgiordania. Le manifestazioni continueranno e ci aspettiamo altri morti. Se Israele vuole la Pace con i “buoni palestinesi” di chi stanno parlando ?




4. Israele sta agendo per legittima difesa

E’ difficile parlare di auto difesa nel caso di un conflitto che è stato iniziato dall’esercito israeliano. Auto difesa significa reazione ad una offesa. Le azioni di Israele negli ultimi due giorni sono state da tempo preparate. Vi è stata una campagna nei confronti dell’opinione pubblica interna ed internazionale per prepararla all’attacco. Nello stesso tempo si diceva negli incontri con la delegazione palestinese che non vi era nessun attacco in vista. Hanno continuamente rinviato incontri in cui si doveva discutere del blocco e fatto passare col contagocce risorse ( gas, clorina per le fogne ) assolutamente necessarie con il risultato di peggiorare la condizione umanitaria. Lo sapevano e lo hanno fatto deliberatamente in modo da indebolire la popolazione e farla trovare impreparata al momento dell’attacco.
Come si puo’ inoltre parlare di autodifesa in conflitto così asimmetrico per i mezzi e le forze in campo ? l’esercito israeliano è il quinto al mondo , la potenza militare più forte nella regione. Israele esporta armi e hanno un complesso militare industriale che può rivaleggiare con gli USA. In altri termini Israele ha sempre avuto il monopolio nell’uso della forza , e come la superpotenza sua alleata , lo usa dimostrazione di forza e vetrina delle sue raffinate tecnologie di morte.

5. Israele afferma di avere solo obiettivi militari

Anche se immagini di donne e ragazzi mutilati o morti circolano sulle TV , Israele sostiene che i suoi esperti militari colpiscono solo obiettivi militari. Non è vero : sono state abbattute case di civili, un ospedale, una uNiversità e una Moschea.
Gaza è una delle zone più popolate del mondo ad altissima densità . Su di essa sono stati versate tonnellate di esplosivo. L’esercito parla solo di “danni collaterali “, “morti accidentali “: centinaia do morti e feriti. Questa ridicola e inumana affermazione dovrebbe scuote la comunità mondiale.

6. Israele afferma di attaccare Hamas non il popolo palestinese.

Prima di tutto i missili non distinguono le persone sulla base della loro affiliazione politica. Semplicemente ammazzano. Lo sanno tutti israeliani e palestinesi. Quello che Israele inoltre sa – ma non lo dice – è che l’azione in corso rafforza Hamas il cui messaggio di resistenza , di coraggio e di vendetta trova spazio nella rabbia e nel dolore.

Gli obiettivi degli attacchi, civili e poliziotti, militanti di hamas e semplici cittadini ci dicono della dissennata strategia di Israele. Creare una situazione di incontrollabilità totale, di generale anarchia, senza legge ne ordine.

7. Israele sostiene che la fonte della violenza è palestinese

Siamo chiari e senza equivoci. L’occupazione che dura dal 1967 è l’origine della violenza. La violenza potrà terminare con la fine dell’occupazione e la garanzia di diritti umani e civili ai palestinesi. Hamas non controlla la Cisgiordania ma noi continuiamo ad essere occupati, i nostri diritti negati e i nostri ragazzi uccisi.

Se questi sono miti propagandistici cerchiamo di capire le vere ragioni dietro i bombardamenti; vi troveremo cose pi disgustose ancora.


I leaders di iaraele fanno conferenxe stampa, vestiti di nero, con le maniche arrotolate:

“ E’ tempo di battaglia”, dicono, “ma nonsarà facile “

Per provare quanto sia difficile hanno un’aria assrta, affaticata dall’incombenza, la Signora Livni è senza rtucco, il Ministro della difesa Barak ha sospeso la sua campagna elettorale per concentrarsi sulla “campagna di gaza”. Che eroi…. Che … leaders…

Ma la verità è : la sospensione della campagna elettorale è…campagna elettorale !

Come la sospensione di Mc Cain della sua campagna presidenziale per andare a Waschington ad “affrontare la crisi finanziaria “, questo atto è solo una trovata pubblicitaria. I candidati devono apparire “ decisi e forti per guidare il paese “ e pare non esserci metodo migliore che spargere un po’ di sangue palestinese.

“Guardatemi “ dice la Signora Livni vestita di nero e con i capelli in disordine “ Sono una donna ma sono una guerriera . capace di premere il grilletto. Sono più dura di Bibi netanyau “

Non so chi preferire ma alla fine essi non aumenteranno la sicurezza del cittadino israeliano medio; nel prossimio futuro ci saranno , anzi, piu’ problemi quando il massacro provocherà altri kamikaze.

Non indebolirà hamas. In conclusione , vi è un’altra ragione – oltre la politica interna di Israele – del perché di questo attacco: la complicità e il silenzio della Comunità internazionale.

Israele non potrebbe agire contro la volontà dei suoi alleati europei e americani. Puo’ uccidere centinaia di persone in questi giorni ma è l’apatia del mondo e l’inumana tolleranza della soffrenza dei palestinesi che permette che questo avvenga.

“Il Diavolo esiste solo perché il buono rimane silenzioso.”

Mustafa bargouthi

Ramallah 28 Dicembre

sabato 20 dicembre 2008

ESSERE

Lascia che il fuoco ti consumi, come legna devi ardere, come legna ti seccherai al sole.
Tu sei legna non il fuoco, accetta la tua natura, ma ricorda senza legna non esiste il fuoco.
Non guardare il cielo in cerca di risposte, tu sai chi sei accettalo senza compromessi.
Lasciati guidare dal tuo io, non vi è bene e male dentro di te, c’è solo energia.
Tutto e male ciò che ci fa gelare, tutto e bene ciò che emana calore.
Esistono più nature, non ve ne sono di sbagliate ma solo diverse.
Tutto è bene ciò che le fa convivere, tutto è male ciò che le fa combattere.
Dentro di te ci sono molti desideri, dentro di te ci sono molte speranze.
Non combatterle ma fondile in un unico raggio.
Posa la spada, non vorrai combattere contro te stesso?
Posa lo scudo, da cosa ti difendi?
Siamo come lacrime, diverse ma uguali, oltre l’aspetto siamo un corpo unico una unica volontà un unico spirito.
Non esiste ne fine ne inizio siamo noi a segnare il tempo, siamo noi a credere nelle distanze.
Non temere dell’infinito, ma lasciati trasportare, noi siamo infiniti in tempo e spazio, il corpo è solo un bozzolo in cui stiamo sperimentando e riposando.
Per un momento non legarti alla coscienza ed ai ricordi, sentiti per quello che sei senza contaminazioni.
Ora ricorda questo istante e sappilo dimenticare, perché cosi sarà, la vita è fatta di istanti se ci perdiamo ad intrecciarli tra loro non capiremo il senso dell’attimo.
Sappi che ciò che vedi e senti non è che una infinitesima parte di ciò che puoi, che c’è e che sei.
Non stravolgere la tua vita, ma segui la tua strada nel rispetto del creato, incluso te stesso, amala per quello che è, ma sappi che è molto di più. Impara e migliora, godila nella sua semplicità, accetta il dolore è parte di te, ma non farti adombrare, la luce è sinonimo di vita, è energia nel senso più stretto, diffondila in te stesso come concetto di rinascita e di ritorno alle origini.
Tu puoi, tu sai, tu sei.

FENICE

EMOZIONI

mercoledì 17 dicembre 2008

EMOZIONI


Le emozioni: IL COLORE DELL'ESISTENZA
Le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita, danno colore e sapore all'esistenza, anche se, in una civiltà come quella occidentale impostata sul primato della ragione, spesso sono considerate con sospetto e timore. Del resto non potrebbe essere altrimenti: infatti se la ragione promette all'uomo il dominio su se stesso e le cose, le emozioni spesso producono turbamento e conflitto, non sono mai totalmente controllabili e a volte ci trascinano a dire o fare cose di cui, una volta cessato l'impeto emotivo, ci si pente.
Eppure, sono le emozioni che ci fanno gustare la vita ed è proprio dalle emozioni, piccole o grandi che siano, che l'individuo spera di ricavare nuovi stimoli che muovano le sue giornate. Del resto come si potrebbe dire di vivere appieno se non si sperimentassero mai la gioia, il tremito dello smarrimento o della paura, l'impeto della passione, l'abbandono alla nostalgia, il peso e la disperazione provocate dalla sofferenza?.
Tuttavia, seppur ogni singola emozione sia importante e permetta a chi la sperimenta di sentirsi vivo, l'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, in una parola è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità.
D’Urso e trentin del 1992

martedì 16 dicembre 2008

RAZIONALITA


La nostra razionalità è la prigione che soffoca le nostre emozioni.

La razionalità ci fa essere responsabili, responsabili di chiuderci
in una gabbia dove gli altri non possano entrare.

La nostra energia si proietta in tutte le direzioni e la nostra razionalità
cerca di indirizzarla solo su cose banali e insulse.

Essere chiusi agli altri, la nostra giustificazione è la paura,
paura del diverso, paura dell’ignoto, paura di noi stessi.

Apriamo la cassaforte che è in noi, i tesori che custodiamo
non sono solo nostri, in quanto tramandati da generazioni e generazioni

lunedì 15 dicembre 2008

domenica 14 dicembre 2008

ESSERE

Scultura di:Rodin

Essere! non essere! Io sono ma devo nascondermi
Io sono! Ma devo coprirmi con stracci che nascondano la mia anima
Il mio spirito devo soffocarlo con l’ipocrisia del sociale
Io sono ma non posso essere, devo adeguarmi ai canoni di questa società
Non posso esprimere la mia pazzia solo con essa potrei essere.
Salvo

mercoledì 10 dicembre 2008

DIPINTO


OLIO SU TELA. "VIALE" DI SALVO

Ridiamo

ATTENTI ALLE PERQUISIZIONI ( questa barzelletta lo ricevuta da Nadia che ringrazio)

Un anziano Napoletano che vive nelle campagne del Milanese, nella primavera si faceva aiutare dal figlio a ripiantare il giardino, ma poichè suo figlio era in prigione,quest'anno non lo poteva aiutare.

L'anziano scrivendo al figlio in prigione, gli spiegava questa sua piccola tragedia.



Caro Gennaro,

Mi sento molto triste poichè quest'anno non posso ripiantare il giardino come ogni anno.

Sono troppo vecchio per farlo io da solo.

Se tu fossi qui, non sarei cosi triste, poichè ci penseresti tu a rizapparmi tutto il giardino.

TUO PADRE.



Un paio di giorni più tardi l'anziano riceve una lettera dal figlio.



Caro papa,

Per l'amor di Dio, non zappare il giardino.

Li ho nascosto tutti i miei soldi e la mia droga da vendere.

TUO FIGLIO GENNARO



Alle sei del seguente mattino, la polizia di Milano arriva e scava per tutto il giardino senza trovare traccia ne' di soldi ne' di droga.

Scusandosi con l'anziano signore vanno via.

Più tardi durante lo stesso giorno, il padre riceve una lettera dal figlio.



Caro Papa,

Adesso puoi ripiantare il giardino. E' stato il meglio che ho potuto fare considerando le circostanze.

UN ABBRACCIO,

TUO FIGLIO GENNARO.

mercoledì 3 dicembre 2008

STRANIERI

GLI STRANIERI SIAMO NOI: stranieri l’uno all’altro

La mia esperienza: sono stata straniera – 4 anni in Albania - ; ora vivo con stranieri – Servizi Vincenziani per Persone senza fissa dimora - ; e anche qui, in Italia, molti non sanno come chiamarmi: …“signora”, … se non straniera, agli occhi di qualcuno devo essere almeno “strana”…
Io questa sera non mi sento straniera… perché come afferma Gabriel MARCEL (filosofo francese esistenzialista cristiano):
“Accettare di dipendere dal mondo apre alle sue vibrazioni, accettare di essere incompleti, incompiuti, aperti... E' il voler essere impressionabile dal mondo che fa sbocciar la sensibilità.
Io questa sera voglio vivere queste vibrazioni…
non mi sento straniera… ma siete voi che non mi fate sentire tale, o sono io che comunque non mi sentirei straniera, perché guardo a voi, guardo agli altri non come a stranieri ma come amici, fratelli che amo nel nome di Colui in cui credo?

Accoglienza è essere accolto o accogliere?

E accogliere la diversità è sentirsi accettati nella propria diversità
o accettare la diversità dell’altro?


LINGUAGGIO, ETIMO

“Straniero”: tutto ciò che viene avvertito come "altro" rispetto a me, e col quale tuttavia istituisco una relazione: forestiero, estraneo, nemico, strano, spaesante, estero, ostile, escluso, emarginato, nemico (anche non è necessariamente straniero, come intende il termine greco ekhtros), strano nel senso di disabile, folle o strano come soprannaturale, fuori dall’ordinario, o di un’altra epoca, di altri pensieri, di altri credo… ma anche ospite, che ospita o viene ospitato, vicino, amico.
Nelle lingue indoeuropee, le accezioni semantiche di “straniero” esprimono in una parola i vari aspetti dell' alterità.
Nella lingua italiana per dire ospite e straniero usiamo due parole differenti. In greco, “straniero” è indicato con lo stesso termine, xénos, che serve ad indicare “ospite”. In latino, hospes è colui che ospita, hostis è lo straniero viandante, colui che cerca ospitalità, ma hostis è anche l’ ostaggio, e poi l’ ostile, il nemico. Vi è una potenziale intercambiabilità, nel senso che colui che è hospes è sempre nella condizione di diventare egli stesso hostis. Vi è una forte dinamica tra un dono che è l’ospite e un compito, colui che dovrebbe ospitare.
Trattando dell'amicizia compaiono philos e philìa, e nei primi testi questi termini si riferiscono a qualcosa di personale, vicino, come i vestiti, filati… Noi “filiamo” e “tessiamo” relazioni umane.

A partire da questi semplici accenni di carattere etimologico, possiamo immediatamente intuire che lo straniero è necessario all'affermazione della mia identità, in quanto figura dell'alterità: non potrei essere individuo, non potrei riconoscere la mia identità - se essa non risultasse dal rapporto con ciò che, limitandola, la definisce. Lo straniero, con la sua alterità, è colui che mi fa dono della mia identità.


IDENTITA’

Lo straniero è tale in quanto vicino, presente (SIMMEL, sociologo e filosofo tedesco di famiglia ebrea convertita al cristianesimo, 1908)… finché non lo vedo, finché non mi tocca, non mi è straniero. Portando all’estremo questo concetto, le teorie conflittualiste assegnano grande importanza ai problemi che possono nascere da questa “vicinanza”: il conflitto scopre le diverse identità in campo, poiché una conflittualità non dirompente rafforza l’identità di gruppo e ne rafforza solidarietà ed ordine interni. E’ evidente il rischio insito in queste teorie.

Mi può essere straniero anche chi non è di un altro Paese ma è una persona per me “distante”, una persona che non riesco a codificare, a definire secondo le mie idee… per esempio una persona chiaramente senza fissa dimora, o affetta da disturbi mentali, una ragazza che attende di far commercio di sé su di un marciapiede, una persona abbigliata con divise, manti, copricapi particolari…
E' dunque un problema di separazione, di distanza, così come di prossimità, di affinità, di amicizia e di amore.
Entrando in un luogo estraneo - in casa d’altri, in un Paese nuovo -, sempre proviamo una strana inquietudine. Paura del non conosciuto…
Desideriamo visitare Paesi esteri (oggi si parla anche di “geografia deviata”, si viaggia per il mondo alla ricerca di sensazioni, esperienze estreme, artificiali, come consumatori dei luoghi.. in una prospettiva molto individualistica). Proviamo il gusto dell’esotico, dell’immaginario, dell’ “isola del tesoro”… ma quando si tratta degli abitanti di quest’ isola che ci vengono a visitare… non sappiamo scorgere il vero “tesoro”, che è la loro stessa persona, come “tesoro” è la nostra persona.

Ciascuno di noi in certi momenti della vita può sentirsi “straniero” senza bisogno di andare all’estero. “Straniero” in patria, straniero nel proprio gruppo sociale, tra i propri amici, straniero nella propria famiglia, e infine, paradossalmente, straniero a se stesso. Qualcosa di sé risulta “straniero”(o “straniante” per usare un termine FREUDIANO) e irriducibile al proprio controllo: un sintomo, un sentimento, un impulso, un’idea, qualcosa che è terribilmente intimo e nello stesso tempo inaccettabile. A volte non ci riconosciamo, vorremmo non aver pensato in quel modo, non aver detto quelle parole, non esserci comportati così…
Ancor più, per una persona che venga a trovarsi in un Paese straniero per lungo tempo, la questione della nostalgia o della lontananza dal proprio Paese nasconde facilmente altre problematiche, più legate al proprio inconscio che all’Io sociale.

Nell’ “altro”, nello straniero, si specchia il nostro Io. LACAN (psichiatra e filosofo francese) ci dice quanto sia importante lo stadio dello specchio per la costruzione della nostra identità, ma mette in guardia dal fermarsi all’immagine di quello specchio. L’altro è altro, non è la mia immagine.
Più la propria identità è incerta e più si ha bisogno di conferme e si scaricano sull’altro le proprie paure. Si provoca il conflitto, la competizione, la classificazione: devo essere davanti, superiore… Il rifiuto e l’aggressione del “diverso” pescano nella nostra interiorità, in un fondo irrazionale molto torbido… emergono i sentimenti e i comportamenti negativi che si annidano nella mente e nel cuore.

Secondo la psicologia sociale, nella nostra percezione, cogliamo innanzitutto la somiglianza e, quindi, la differenza dell’altro. Spesso lo straniero è l’altro radicalmente altro da me per lingua e cultura, per religione, etica e costume per colore della pelle e tratti somatici. Era lontano e ora mi è vicino, era sconosciuto e ora è davanti a me. Ed è qui che nasce la paura dell’altro, sentimento che non va né deriso né minimizzato: è importante affrontare la paura, altrimenti si rischia, per nasconderla, di svilire la propria cultura e colpevolizzarla, o di assolutizzare la propria identità come esclusiva ed escludente.

Lo straniero diventa un’occasione per cogliere due paure a confronto – la mia e la sua – e di intraprendere il cammino della conoscenza in vista dell’incontro. Di fronte allo straniero, la domanda “chi è l’altro?” si traduce in “chi sono io?”. Julia KRISTEVA ( linguista e scrittrice, psicanalista e filosofa francese, di origine bulgara) afferma che la vita ha inizio con il riconoscimento di essere “stranieri”: il bambino, crescendo viene esposto all’incontro con l’altro e nella propria vita l’essere umano è sempre chiamato a uscire da grembi per incontrare nuove dimore.
Il filosofo italiano Massimo Cacciari invita a riconoscere ed affrontare questa dinamica di pericolo-e-dialogo come essenziale a noi stessi. Se tace o è messo a tacere lo “straniero” in noi, con lo straniero “di fuori” potremo avere soltanto rapporti di inimicizia. E nessuna comunità sarà mai concepibile.

Richiamandosi a FREUD, la KRISTEVA sottolinea come ognuno di noi sia "straniero a se stesso". Occorre assumere l’etica dell’improprio, nulla di veramente ed esclusivamente “mio”, e la leggerezza costituzionalmente cosmopolita – siamo abitanti del mondo - . "Riconoscendo lo straniero in noi - scrive la KRISTEVA - ci risparmiamo di detestarlo in lui. Lo straniero comincia quando sorge la coscienza della mia differenza e finisce quando ci riconosciamo tutti stranieri, ribelli ai legami e alle comunità".


DIVERSITA’ – UGUAGLIANZA. L’altro è diverso come me. Uguali nella diversità.

In questo gioco del “dentro” e del “fuori”, è interessante riflettere sull'atteggiamento nei confronti degli stranieri dei procedimenti giuridico-politici, i quali, secondo M. FOUCAULT (filosofo francese studioso delle istituzioni totali), sono rivolti alla spersonalizzazione.
L’identità non è solo l’accertamento del possesso di determinati requisiti puramente burocratici. L’ identità anagrafica ha certo un suo valore, pensiamo all'impossibilità di declinare le generalità di coloro che non hanno documenti, non hanno un passato documentabile attraverso adeguati certificati. Queste persone, in un certo senso, non esistono.
L'Unione Europea afferma la volontà di eliminare le frontiere interne, ma, allo stesso tempo, rende più rigido lo sbarramento delle frontiere esterne. Gli Stati rigettano sempre più spesso le richieste di asilo - si va diffondendo, anzi, il cosiddetto "reato di ospitalità".
Attenzione: ormai è un dato di fatto che PIU’ le leggi in tema sono severe, e PIU’ vi è migrazione clandestina.

Vi è la grave questione dei “rifugiati” e “richiedenti asilo”, coloro che migrano costretti dagli eventi: è giusto limitarne i diritti? Spesso si crea la cosiddetta situazione dei “rifugiati in orbita”: le responsabilità dell’accoglienza vengono rilanciate da Paese a Paese (quello d’arrivo, quello di partenza, quello in cui viene dichiarata la richiesta di tutela) .
Giovanni XXIII prima e Giovanni Paolo II poi, affermano il “diritto a NON migrare”, e quindi richiamano la comunità internazionale ad interrogarsi sulle motivazioni che inducono alla migrazione. In più, occorre sottolineare con urgenza la situazione degli “sfollati” che eventi atmosferici, ma ancor più sanguinose guerre civili, inducono a spostarsi all’ interno del proprio Paese: queste persone non sono neppure difese e protette dal diritto internazionale, come accade a chi espatria.
Pensiamo anche ai barconi che attraccano, o naufragano, nel Mediterraneo…un popolo senza stato e senza diritti entra di fatto nella clandestinità prima ancora di venire dichiarato “clandestino” dal diritto vigente. Il paradosso che abbiamo di fronte è una clandestinità che non si nasconde, ma che si mostra esplicitamente, e diventa un modo di abitare il mondo.

LÉVINAS (filosofo lituano naturalizzato francese di origini ebraiche) afferma che comprendere la miseria del volto che grida giustizia non consiste nel rappresentarmi un'immagine, ma nel farmi responsabile, forma severa dell'amore, richiamandomi ai miei obblighi, giudicandomi, spingendomi a trovare delle risorse all'interno di me stesso.
L’identità anagrafica è importante, permette di abitare tra noi. Ma nulla può per far entrare quella persona in noi, renderla comunque parte della nostra vita, del nostro mondo, per il semplice motivo che quella persona c’è, è viva, esiste.

Non parliamo, però solo di “disperati”: il sociologo americano PARK (1920), parla di “marginal man”, l’ “uomo marginale”: un uomo dal sé diviso, che cerca di inserirsi nella nuova cultura, pur mantenendo la propria tradizione, ma che non si sente mai realmente accettato. Vive sul confine tra due culture e due società. Attenzione, non si tratta di emarginati, di esclusi, ma di chi ha la coscienza e la consapevolezza di non riuscire a partecipare a certi beni, a certi diritti di cittadinanza. E’ qualcuno che “dal di fuori”, pur vivendoci dentro e impiegando ogni sforzo per adattarsi alla nuova cultura, nota i problemi e le incongruenze di quella società. PARK afferma che è da questi uomini che può nascere una “rivoluzione delle aspettative crescenti” verso questa società.

Purtroppo, spesso ci si ferma all’equazione “straniero = forza lavoro”.
No, lo straniero è una persona, come la sono io.
Ed è “persona” anche se disabile, anziano, ammalato…anche se non produttivo…

“Ognuno ha il diritto di essere straniero. Io non ho mai voluto nascondere il mio «essere straniero». Vedo con spavento i «non più tanto stranieri» diventare xenofobi, perché ci sono sempre altri che sono più stranieri. Ognuno ha il suo straniero. Hanno dimenticato la loro storia, hanno tradito se stessi. Questo è terreno per il fanatismo. Non ho mai visto italiani così tipicamente italiani come in Svizzera o in Germania.”
F. MICIELI (scrittore italiano arbaresh – albanesi esuli dal 1400 - poi migrato in Svizzera)

Non c’è solo l’identità dichiarata, ma anche quella mostrata con la vita, con il comportamento. E secondo la cultura cristiana - di cui siamo impregnati volenti o nolenti - e l’identità cristiana, negare ospitalità allo straniero è negarsi all’incontro con Dio. Non c’è salvezza escludendo lo straniero.

Nell’insegnamento biblico, all’origine della violenza omicida che porta Caino a uccidere Abele sta il mancato dialogo, il rifiuto dell’altro e delle sue differenze culturali, religiose e sociali.

Abramo, l'uomo che per tutta la sua vita vivrà una condizione di straniero, ci insegna che attraverso l'ospitalità dello straniero possiamo fare la più spiazzante delle nostre esperienze: l'incontro con Dio. Prendersi cura responsabilmente dell'altro presuppone l'impossibilità di facili reciproche identificazioni. L'altro mi pone in questione, crea in me una inquietudine: più volte MINKOWSKI (psichiatra francese di origine polacca) ha indicato come la responsabilità si annidi nella frattura tra me e l’altro. Si può allora capire perché il cristianesimo dedichi tanta attenzione agli stranieri e perché Cristo stesso abbia voluto identificarsi con la straniero.

Gesù è lo “straniero” per eccellenza:
ha nella propria genealogia persone straniere, e “lontane” quali le prostitute; nasce fuori dalla patria; è subito esule; muore con la condanna degli stranieri; ha spesso fruttuosi ed esemplari contatti con samaritani ( gli stranieri più “stranieri” dell’ epoca); il primo a riconoscerlo come “Figlio di Dio” dopo la morte in Croce è un centurione romano.

Tutti siamo stranieri materialmente, popoli migranti, popoli misti, in particolare noi attorno al Mediterraneo, noi qui a Torino… Tutti siamo stranieri spiritualmente, stranieri su questa terra, non perché semplicemente “di passaggio” in attesa di un’altra vita, ma perché chiamati a vivere questa vita diversamente, non legati ad una dimensione terrena di possesso (la mia terra, la mia casa, la mia cultura…), ma aperti all’amore, alla gratuità, alla condivisione, alla Grazia.
Nella Chiesa lo straniero è componente originario, fondante. Nella Chiesa nessuno è straniero… nel momento in cui si isola il cristianesimo da altri popoli, da altre culture, si opera un falso, si tradisce l’essenza stessa dell’essere cristiano.
Nella Chiesa primitiva, un cristiano straniero che arrivava in un luogo straniero, era sicuro di trovare fraterna alleanza nella comunità cristiana locale (At 18 e 21) e ospitalità: “cristiani, stranieri e pellegrini sulla terra (Eb 11,13; 1Pt 2,11).

La terra è di Dio per chi crede, quindi di tutti, e questo vale per chi crede e per chi non crede.
A partire da questo assunto, quanti hanno collaborato al mio cibo, alla mia casa, al mio benessere?
Siamo in debito: verso Dio - per chi crede - , e verso i genitori, verso il luogo in cui nasciamo, la famiglia, la scuola, le amicizie, tutto ciò che ci ha aiutato a crescere, anche le esperienze negative.
Il debito di esistere si paga soltanto diventando a nostra volta creature ospitali (Rosanna Virgili, teologa e biblista italiana).
Siamo anche noi ospiti, anche noi accolti dal mondo. Noi nasciamo, viviamo e il nostro ospitare è un ricambiare l'ospitalità ricevuta. All'etica appartiene dunque un originario essere aperti, che ci rende estranei a noi stessi, ospiti nella nostra stessa casa, clandestini nel nostro stesso mondo.
Parliamo di condivisione. Con-divisione: può esserci accordo solo tra posizioni differenti. E' la differenza che garantisce l'accordo all'interno di una comunità, altrimenti si tratterebbe di omogeneità, uniformità, omologazione.

I Paesi “ricchi” hanno contribuito e tuttora contribuiscono alle drammatiche situazioni dei Paesi “poveri”, quindi accogliere i migranti non è carità, ma giustizia.

Oggi vi è una politica cristiana? O si cerca, da ogni parte e con ogni colore, solo il consenso dell’opinione pubblica, con principi da difendere solo a parole… Si paventa lo scontro fra civiltà (HUNTINGTON, politologo statunitense), e le guerre fra diversi: Occidente e Islam, altre religioni e cristiani, neri e bianchi … ma san Francesco, ancora giovane cavaliere, venne sconvolto, e mosso ad una ridefinizione della propria vita, a partire dalle violenze feroci (come i prigionieri spelati vivi) a cui dovette assistere nella guerra fra Assisi e Perugia, città vicine, simili, …oggi immagine stessa dell’impegno per la Pace.

Nella “Lettera a Diogneto”, un breve scritto in greco di un ignoto cristiano del II° secolo, si legge: “Per il cristiano, ogni terra straniera è patria e ogni patria è terra straniera”.

J. DERIDA (francese, nato in Algeria, ebreo, filosofo, scrittore, linguista recentemente scomparso) scrive: "Per offrire ospitalità bisogna partire dalla sicura esistenza di una dimora, oppure soltanto partendo dalla mancanza di legami del senzatetto, del senza casa può aprirsi l'autenticità dell'ospitalità? Forse solo chi sopporta l'esperienza della mancanza di casa può offrire ospitalità". Pensiamolo anche in senso simbolico, interiore, per noi che una casa l’abbiamo, ma possiamo viverla come dono ricevuto da condividere…

In conclusione, vorrei ricordare il concetto di “corpo mistico” per i cristiani. Ognuno di noi è parte del Corpo di Cristo, siamo in piena comunione con Lui. Ognuno di noi ne è membra, chi testa, chi cuore, chi rene, chi piede…, ma tutti allo stesso modo importanti.
Lo straniero, il diverso da me, è parte del nostro stesso Corpo: il bene dell’altro è il mio bene, la sua gioia da gioia anche a me, se lui soffre, anch’io soffro; lui è dono per me come io sono dono per lui.
Anch’io sono straniero, l’altro è come me, l’altro è mio fratello. Vi è una condivisione vitale, che non può essere frenata dall’attendere il primo passo dell’altro.
Se voglio veramente cambiare il mondo devo partire dallo straniero che è in me, ed accogliere come io vorrei essere accolto.

"Le cose ci parlano se noi abbiamo il tempo di ascoltarle"
VON DURCKEIM (aristocratico tedesco, orientalista, esperto di cultura zen)

Con questo ultimo pensiero “zen”,
richiamo le tematiche del prossimo Incontro: “cultura”, “culture”, “libertà”…
e vi ringrazio del tempo che avete dedicato a queste mie riflessioni condivise…


suor Cristina Conti
Figlia della Carità di San Vincenzo de Paoli

ANIMA

Sentire in profondità
Ascoltare i sussurri
Vedere lontano
La profondità di noi stessi ci spaventa e ci fa capire di quanto siamo inadeguati a vivere una vita piena.
I sussurri che arrivano dalla nostra anima ci chiedono di ascoltarli, per poi metterli in pratica, ma non ne abbiamo il coraggio.
Vedere lontano, non è possibile, guardare indietro non conviene, bisogna cogliere l’stante sempre
Salvo

martedì 2 dicembre 2008